Miguel Ángel Asturias y Suecia

Las cartas entre Asturias y Ernesto Dethorey se encuentran en el Fondo Dethorey de la Biblioteca Bartolomé March, Palma de Mallorca).

Due autori che si sono dedicati al recupero della figura di Dethorey sono Emilio Quintana Pareja e Carlos Meneses Cárdenas. Emilio Quintana è un insegnante di lingua spagnola presso l’Instituto Cervantes di Stoccolma che si è dedicato alla ricerca di documentazione e alla pubblicazione di articoli, in particolare, sui personaggi che hanno
avvicinato la letteratura e la cultura spagnola al mondo scandinavo. Carlos Meneses (1929‑2020), invece, era uno scrittore e giornalista peruviano che trascorse gran parte della sua vita a Maiorca e che curò il libro dedicato a Dethorey Amor a la llibertat, pubblicato nel 1995 dall’Institut d’Estudis Baleàrics a pochi anni di distanza
dalla scomparsa di Dethorey. In questa pubblicazione Meneses raccolse alcuni articoli di giornale e della corrispondenza personale di Dethorey, inoltre, il libro è arricchito da una sezione finale che ripropone i principali articoli pubblicati sul giornalista spagnolo tra il 1974 e il 1992. Meritano di essere ricordate le parole di Meneses riportate nell’introduzione iniziale del libro:

Dethorey no solament va ser periodista i escriptor. Crític d’art, i cronista de viatges. Va ser, sobretot, un pertinaç defensor de la llibertat. I aqueixa és la seva gran obra, i la què més es recorda. Des de Suècia, on va viure tants d’anys, no va deixar d’escriure contra els totalitarismes. No va oblidar mai que Espanya estava ensagnada pels qui havien arrasat la República. I va ser terminant en les múltiples cròniques. En els nombrosos articles. I, també, en el seu interès perquè la democràcia, la llibertat, tornassin a
Espanya. (Dethorey 1992, 5)

Da un punto di vista professionale, Dethorey in Svezia lavorò come corrispondente estero per giornali e riviste spagnole come Nueva España e La Libertad (con sede a Madrid), El Socialista e
La Vanguardia (Barcellona), Euzko-Deya e OPE (Bilbao), oltre alla
già menzionata esperienza a El Día (Palma). Scrisse articoli anche
nella rivista svedese Göteborgs Handels- och Sjöfartstidning GHT
e sarebbe sicuramente interessante studiare il ruolo della moglie
Gertie Börjesson che, probabilmente, ebbe un ruolo molto importante
nel lavoro del marito, anche solo da un punto di vista di consulenza
linguistica. Nel 1936 Dethorey divenne traduttore ufficiale della
Camera di Commercio di Stoccolma e negli anni si avvicinò
all’Accademia reale svedese e ad alcuni dei suoi membri, soprattutto
nell’ambito delle attività di lobby e networking dietro all’assegnazione
del Premio Nobel per la Letteratura. Si può affermare che svolgesse un
ruolo analogo a quello di un consulente esterno: manteneva contatti
con i membri dell’Accademia, con scrittori e rappresentanti politici,
soprattutto nel caso di candidati di madrelingua spagnola. Grazie alla
documentazione conservata presso la Fundación Bartolomé March
Servera di Palma è possibile evidenziare il rapporto che si instaurò
tra Dethorey e alcuni vincitori del Nobel per la Letteratura, come
ad esempio lo scrittore guatemalteco Miguel Ángel Asturias che
ottenne il noto riconoscimento nel 1967. L’assegnazione al poeta e
diplomatico del Guatemala (rivestì l’incarico di ambasciatore a Parigi
dal 1966) avvenne a più di vent’anni di distanza dal Nobel a Gabriela
Mistral – altra scrittrice vicina a Dethorey (Lo Giudice 2025) – il
che ci offre un’idea approssimativa dell’ampia finestra temporale
in cui Dethorey esercitò la propria influenza sull’Accademia e sui
media svedesi. Nonostante il suo evidente interesse a promuovere
determinate opere e autori nel mercato scandinavo, Dethorey si
definiva «un simple periodista o comentarista»17 e in una lettera del
1965 indirizzata ad Asturias sembrava voler ridimensionare la sua
capacità di influenzare i membri dell’Accademia svedese:
17 Lettera del 27 dicembre 1965 di Ernesto Dethorey a Miguel Ángel Asturi

Me azara, sin embargo, lo que de mí le dijo el amigo Haya [de la
Torre], pues no sé en qué puede fundarse para emitir juicios tan
categóricos. Como usted sabe, componen la Academia sueca 18
señores la mayoría de los cuales carece de información en cuanto
a las literaturas del mundo. La mayoría de ellos se fía de la opinión
de alguno de los colegas al que consideren experto en la materia.
Pero no todos los peritos coinciden en el mismo candidato, sino
que cada uno puede tener uno o más candidatos, y las opiniones
pueden resultar muy divididas.18

Nella stessa lettera si trova anche un breve cenno alla dittatura franchista e al rifiuto di Dethorey di tornare in Spagna finché la democrazia non fosse tornata a regnare nel suo Paese natale:

«Habla usted de una cita en España, y, efectivamente, sería maravilloso encontrarse con amigos como ustedes en cualquier lugar de una España libre y democrática, pero yo creo y espero que, de todos modos, tengamos ocasión de verles a ustedes de nuevo por aquí antes».

Contrariamente all’apprezzamento per autori come Mistral e Asturias, Dethorey non appoggiava la candidatura di un altro grande scrittore sudamericano come Pablo Neruda, nonostante il sodalizio che decenni prima il poeta cileno ebbe con la Generazione del 27 e la solidarietà che dimostrò durante gli anni della guerra civile spagnola che gli ispirò le poesie poi riunite nella raccolta España en el corazón (1937). Neruda è menzionato in varie lettere dell’epoca e di lui Dethorey conservava un’opinione estremamente negativa: non lo riteneva un buon esempio di scrittore engagé, anzi, affermava chiaramente che per il Premio Nobel avrebbe preferito un profilo di candidato diverso, ad esempio un romanziere di un altro paese latinoamericano che non fosse il Cile (nel 1965 l’unico Nobel assegnato a esponenti dell’America centro-meridionale era ancora quello di
Gabriela Mistral). Il giornalista spagnolo esprimeva la sua opinione in modo molto chiaro nel settembre del 1965:

Yo creo que los que nos oponemos a que se conceda el P.N. a Neruda hacemos un servicio a las letras latinoamericanas en general. Dejando a un lado la política, opino que la Académia haría
un feo a los demás países latinoamericanos si concediera el premio a otro poeta chileno. Parecería como si en toda Latinoamérica no hubiera más poetas de categoría que en Chile. Sería una injusticia. Luego ¿por qué otro poeta? ¿Por qué no un novelista? Esta es mi tesis. –Y si un poeta, ¿por qué Neruda? Para mí, Neruda es un buen poeta convertido en un mal político. El mal político está haciendo –ha hecho ya– de Neruda un mal poeta. Es evidente se puede hacer buena poesía política, buena poesía comprometida. No toda la poesía comprometida debe ser necesariamente mala. Que sea buena depende, a mi modo de ver, de que el poeta –el buen poeta– ‘sienta’ clara y fervorosamente su compromiso. Yo veo en la poesía ‘comprometida’ de Neruda un compromiso de conveniencia. Neruda es, en este aspecto, obediente. Obedece, pero no una voz interna y propia, que ya no tiene, sino las consignas de un partido.19

Dai contenuti delle lettere si evince quanto fosse forte lo scontro
all’interno dell’Accademia svedese tra le diverse fazioni che
appoggiavano l’uno o l’altro candidato. Infatti, sempre riferendosi a
Neruda e ai suoi viaggi in Europa e menzionando il noto e influente
scrittore svedese Artur Lundkvist, commentava:

Forzoso es también hablar de don Pablo. Continuará en la antesala, es de suponer. Continuará siendo el candidato oficial de Chile. […] Pero tal vez don Arturo le dijera que no era conveniente mostrar demasiado afán, anhelo o interés… o que el horno no estaba para bollos, como vulgarmente se dice. Sin embargo, dudo de que don Arturo y compañeros se resignen. Pero yo tampoco me resigno, si bien en sentido inverso al de ellos, que es positivo, mientras que el mío es negativo.2

Il giorno dopo Dethorey aggiunse una nota a penna nella lettera dove scriveva che il Dagens Nyheter, il quotidiano svedese di maggior diffusione, aveva pubblicato un’intervista a Miguel Ángel
Asturias apparsa qualche giorno prima nel giornale francese Le Monde. Dethorey si congratulava con lo scrittore guatemalteco e
commentava: «tiene valor que el artículo se haya publicado en el diario más importante de Suecia». Nel dicembre del 1965 Dethorey
scriveva nuovamente ad Asturias per esprimergli tutto il suo disappunto per l’assegnazione del Premio Nobel a un altro candidato;
tuttavia, lo rincuorò confermando il crescente interesse del mondo editoriale svedese per le sue opere: 19 Lettera del 25 settembre 1965 di Ernesto Dethorey a Miguel Ángel Asturias.
Documento conservato a Palma di Maiorca nella Biblioteca Bartolomé March, Fondo Dethorey, 1-Correspondencia.
20 Lettera del 27 dicembre 1965 di Ernesto Dethorey a Miguel Ángel Asturias. Documento conservato a Palma di Maiorca nella Biblioteca Bartolomé March, Fondo
Dethorey, 1-Correspondencia. Biblioteca di Rassegna iberistica 44 58 La diplomazia culturale: il caso di Spagna e Catalogna, 45-64

Ya me dijo nuestra buena amiga Karin [Alin] que la casa editorial, volviendo sobre su decisión, quería publicar completa su trilogía. En el fragmento que le envío a usted de mi artículo ya digo quecon la publicación de ‘Viento fuerte’ y anteriores obras suyas, aparecidas ya aquí, usted es el escritor latinoamericano con más
obras traducidas al sueco, de modo que razón de más ahora para
decirlo. Digo también en mi artículo que, ahora, como complemento falta la traducción de un manojo de poesías suyas…21

Ya me dijo nuestra buena amiga Karin [Alin] que la casa editorial, volviendo sobre su decisión, quería publicar completa su trilogía. En el fragmento que le envío a usted de mi artículo ya digo que con la publicación de ‘Viento fuerte’ y anteriores obras suyas, aparecidas ya aquí, usted es el escritor latinoamericano con más obras traducidas al sueco, de modo que razón de más ahora para decirlo. Digo también en mi artículo que, ahora, como complemento falta la traducción de un manojo de poesías suyas…2

Un paio d’anni più tardi il Premio Nobel venne finalmente assegnato
ad Asturias con la seguente motivazione: «for his vivid literary
achievement, deep-rooted in the national traits and traditions
of Indian peoples of Latin America».22 Asturias, nel suo discorso
all’Accademia svedese, affermò: «Somos seres humanos emparentados
por la sangre, la geografía, la vida, a esos cientos, miles, millones de
americanos que padecen miseria en nuestra opulenta y rica América.
Nuestras novelas buscan movilizar en el mundo las fuerzas morales
que han de servirnos para defender a esos hombres».23 Non poteva
mancare il messaggio di congratulazioni di Dethorey che, in effetti,
lo spagnolo scrisse il 19 ottobre 1967 indirizzandola al ‘Premio Nobel
de Literatura de 1967’, nonché all’’embajador de Guatemala’ a Parigi.
In quell’occasione volle ricordare un episodio di qualche anno prima,
quando l’esule Asturias si recò per la prima volta in Svezia, in ben
altra situazione:

Me faltan palabras para describirle lo que siento, lo que sentimos Gertie y yo en estos momentos. Cuando he tenido esta mañana la confirmación de que era usted el agraciado, se me han saltado las lágrimas de alegría. […] Hace tres años, el mismo día 19 de octubre, llegaba usted a Gotemburgo y se publicaba en el GHT mi artículo Asturias från Guatemala [in corsivo nell’originale]. Pero lo que no sabe usted es que mi artículo llevaba otro título: Kanske en Nobelpristagare? [in corsivo nell’originale] (¿Tal vez un Premio Nobel?), pero en la Redacción me lo cambiaron. No me dejaron ser un poco profeta…24

Nella stessa lettera Dethorey aggiungeva:
¡Por fin lo que hemos estado esperando hace años! Estoy seguro
de que si no hubiera sido por la obstinación de algunos, hubiera
recibido usted el premio antes. Pero, finalmente se ha hecho
justicia, de lo cual nos alegramos todos sus amigos de aquí y de
todo el mundo. Y tenemos ahora una prueba de que la Academia
Sueca no siempre se equivoca, y que a veces sabe hacer justicia.
Qualche giorno dopo la cerimonia di premiazione svoltasi a
Stoccolma, Dethorey scrisse una lettera alla rivista Insula, una rivista
specializzata in letteratura spagnola e latino-americana con sede a
Madrid. Dethorey inviò alcuni commenti dopo aver letto uno dei loro
articoli:

Don Miguel Ángel Asturias con cuya amistad me honro desde hace unos años, ha sido en estos días muy festejado y homenajeado, aquí en Estocolmo, por su editor, por las sociedades de amistad sueco-iberoamericanas, etc., y mañana le ofrece un almuerzo su traductora sueca, Karin Alin […] Entre las personas que han venido a Estocolmo para tomar parte en los homenajes a don Miguel Ángel Asturias […] merecen especial mención sus editores. En primer lugar, su principal editor en castellano, Losada, de Buenos Aires, […] un representante de su editor francés […] su editor norteamericano y sus editores de Dinamarca y Noruega.25 Nell’articolo che accompagnava la lettera – scritto per Biblioteca e Instituto de Estudios Iberoamericano di Stoccolma – Dethorey definiva Asturias come «uno de los nuestros», non solo perché condividevano la stessa lingua (spagnolo), ma per i valori che li accomunavano. Le opere di Asturias erano un esempio lampante dell’impegno socialem dello scrittore che denuncia la drammatica realtà sociale e politica del suo Paese e, in generale, la dolorosa situazione dell’America Latina. Dethorey sottolineava «el hecho de estar él, como nosotros en favor del pueblo contra los que abusan del poder; en favor de los oprimidos contra los opresores; en favor de los perseguidos contra los perseguidores; en favor de los explotados contra los explotadores de toda laya». Infine, nel suo articolo ricordava il passato di esule, un altro aspetto che lo accomunava ai tanti cittadini spagnoli costretti a fuggire dalla dittatura: «Cuando Miguel Angel Asturias vino a Suecia hace tres años, era un exiliado –voluntario o forzoso, para el caso es igual– como muchos de nosotros».

Carta 25 septiembre 1965 de Dethorey

hace unas semanas que ya terminaron las vacaciones veraniegas (este último habría que ponerlo entre comillas), y yo he comenzado ya a dictar mis lecciones y Gertie a ayudar a ratos a los chicos en la librería. […] Pasamos el mes de junio en el sur de Suecia, en Escania, y allí tuvimos bastante buen tiempo, pues no llovió más que un par de veces; pero calor no hacía. […] Al regreso de Escania, pasamos por Gotemburgo, ciudad que siempre nos gusta visitar. Tenemos allí buenos amigos y allí vive, con su mujer y un hijito que hace poco han tenido, el mayor de nuestros hijos varones. Aproveché mi paso por Gotemburgo para saludar al Director del diario “GHT” y entregarle un artículo sobre las andanzas de Neruda por Europa.

Sven Rosén

Sven Rosén (fil. dr.) preparó el terreno para la visita de Alfonso XIII a Suecia con su texto «Spanien i vara dagar» (Aftonbladet, 13.09.1928. 8-9).

En 1930 se implicó en la Svensk-spanska sallskapet de Olallo Morales.

Jordi Tell i Novellas (1907-1991)

Jordi Tell i Novellas (Barcelona, 1907-Fredrikstad, Noruega, 1991) fue un arquitecto y activista republicano que vivió en Noruega. Fue candidato a las elecciones al Parlamento catalán de 1934. Su apoyo a la rebelión conocida como los Fets d’Octubre le supuso el exilio. Se instaló en Berlín donde amplió estudios y trabajó con el arquitecto alemán Hans Poelzing. En esta ciudad, con el imparable ascenso del nazismo de fondo, es sorprendido por el golpe de Estado del general Franco contra la República.

Guerra Civil (1936-1938)
Tras ser detenido por la Gestapo en Alemania por su apoyo a la República Española 1, fue encarcelado en marzo del 37 durante 15 meses en La Coruña. Al salir de prisión se reencuentra con su compañero de estudios, el gallego José Caridad Mateo, quien le ofrece la posibilidad de trabajar en su despacho. En el verano de 1938 construyó en Oleiros la Casa Cervigón, una de las obras de arquitectura racionalista más significativas de Galicia. Poco después ambos se ven obligados a alistarse en el ejército franquista, del que desertan.

La mañana del 20 de octubre de 1938, junto a Rogelio Caridad Mateo, hermano de José, y con la ayuda de cuatro marineros, abandona España a bordo de un pesquero y desembarca en el puerto de Brest (Francia). Los dos fugados vuelven a entrar en la España republicana por la frontera catalana y, una vez llegados a Barcelona, ​​Tell i Novellas es nombrado encargado de negocios en la embajada de España en Oslo.

Oslo (1938-1940)
En la capital noruega, en estos últimos meses de la guerra, trabaja en la organización de la ayuda humanitaria a la República y en tareas de espionaje militar informando al Gobierno republicano de la ayuda militar que Hitler envía a Franco. En estas misiones colabora un joven alemán refugiado en Oslo con el que Tell ha trabado amistad: Herbert Ernst Karl Frahm, un militante socialista prófugo de los nazis que por aquel entonces ya era conocido en los círculos clandestinos con el nombre que le daría fama como uno de los estadistas clave de su país: Willy Brandt.

Noruega reconoce el gobierno de Franco el 1 de mayo de 1939 y, por tanto, se desmantela la representación diplomática que Jordi Tell ejercía en Noruega. Pese a ello, decide quedarse en Oslo y buscar trabajo; la mejor opción para alguien comprometido con la República y declarado rebelde por el general Franco tras la fuga protagonizada por los hermanos Caridad Mateo. Sin abandonar el Spania-Komite y ayudando así a los republicanos desplazados, retoma su carrera como arquitecto: se incorpora a la Asociación Noruega de Arquitectos (MNLA) y empieza a trabajar como asistente en el despacho del arquitecto noruego Hjalmar Severin Bakstad.

México (1941-1946)
Esta tranquila vida de arquitecto en Oslo se ve interrumpida el 9 de abril de 1940 cuando Noruega es ocupada por Hitler y Jordi Tell es arrestado de nuevo. Unos meses más tarde, se escapa de la prisión de Oslo y se refugia en Suecia. Desde allí continuó su fuga hacia la URSS, Japón y Estados Unidos, hasta llegar a México el 16 de junio de 1941.

Noruega (1946-1991)
En 1946, al finalizar la Segunda Guerra Mundial, el gobierno de la República Española en el exilio se reorganiza y le nombra representante ante los países nórdicos y regresa a Noruega. En 1948 actúa como delegado oficial del Gobierno de la República en la reunión de la ONU en París, donde se impide la entrada de la España franquista en el organismo internacional 2. El sueño de la restauración de la democracia se desvanece y, de paso, desaparecen las posibilidades del exilio y de un retorno a corto plazo. Jordi Tell, derrotado en su lucha por frenar el franquismo en el ámbito internacional, canaliza su desencanto a través de un cambio personal radical. Abandona los deberes diplomáticos, la familia y la seguridad económica de la ciudad de Sarpsborg donde vive, y se retira a un pequeño islote (Hvaler) en el estrecho de Skagerak, en el sur de Noruega, donde vivirá sin luz eléctrica, practicando una vida naturista.

L’arquitecte Jordi Tell Novelles (Barcelona, 1907-Fredrikstadt, Noruega, 1991), a l’interior de la casa que es va construir a l’illa de Borholmen, cap a 1957. Publicada al llibre «Tell. El llop solitari de l’exili català», de Gemma Domènech i Casadevall.
Foto: ARXIU FAMÍLIA TELL, NORUEGA

En 1961 regresó al continente y a una vida más convencional. Instalado en Dilling, trabaja en el despacho del arquitecto provincial de Østfold. A principios de la década de 1970 volvió a la política activa y presidió la agrupación del condado de Østfold del Sosialistisk Folkeparti, una escisión del Partido Socialista Noruego. Todo ello, con la mirada puesta en Cataluña: está suscrito a la prensa catalana y mantiene una intensa correspondencia con, entre otros, Manuel Serra i Moret, Josep Pallach o Josep Tarradellas, destacados dirigentes políticos en el exilio. Desde su jubilación en 1974, alterna su residencia entre Cataluña y Noruega, y sigue de cerca, y de primera mano, con frecuente correspondencia, el regreso del presidente Tarradellas del exilio y la recuperación de las instituciones del autogobierno catalán.

Murió el 24 de octubre de 1991 en Fredrikstad.

  1. Junto al periodista y agregado de la embajada de España en Berlín, Eugeni Xammar, frenan el intento sedicioso de someter la embajada de la República al fascismo español y provocan el cambio de embajador.
  2. Dos años después, España es aceptada.

José Fernández Villaverde (1933-1934)

José Fernández-Villaverde y Roca de Togores (1902-1988), Marqués de Santa Cruz, fue Encargado de Negocios de la Embajada de España en Estocolmo durante el mandato de Julio López Oliván (1933-1934).

Oliván y su secretario asistían a las reuniones de la Svensk-Spanska Sällskapet. Estuvieron en marzo de 1933 y el secretario estuvo en la de noviembre de 1933 que se organizó en torno a Antonio Pastor.

En marzo de 1934 recibió al nuevo embajador Fiscowich en la Estación Central.

Johnny Roosval

El crítico de arte Johnny Roosval (18979-1965) estuvo muy interesado por España.

En 1914, publica un excelente texto sobre la iconografía cervantina en una importante revista sueca: “En teckning af Charles-Antoine Coypel och andra Don Quixote-illustrationer” (Ord och Bild, XIX, 1914, 289‑303).

Fue miembro de la Svensk-spanska sallskapet a principios de los años 30 para la que habló sobre Santiago de Compostela.

Frank Allan Thomson (1904-1992)

El teniente Frank Allan Thomson (Estocolmo, 1904-1992) tradujo a Ortega y Gasset y lo publicó en la Revista hispano-escandinava (nrs. 5-6, 1933, pp. 4-5): «Sättet att se inom målarkonsten».

En los años 40 se casó con la mexicana Consuelo Quiroga y el matrimonio tuvo cierta actividad en la colonia hispano-sueca de la época. En 1946, el matrimonio dio una fiesta en su casa tras regresar de cinco meses en México.

En 16 de marzo de 1949 tuvieron un hijo.

Svensk-spanska nyhetsbulletin (1937-1939)

El Svensk-spanska nyhetsbulletin fue una revista de propaganda franquista en sueco, que estuvo a cargo de Joaquín Herráiz como redactor jefe (32 cm.). Sacó 272 números (el 31 de marzo de 1939 publicó el número 221). En 1939 se daba como dirección Skeppargatan 49B, III.

Durante la Guerra Civil, Herráiz prestó servicios en la Legación de Chile pero recorría Estocolmo con la bandera bicolor en la aleta de su coche. El propio Torata califica sus actividades de «perniciosas» y lo califica como «peligroso».

En el nr. 221 (31.03.1939) da una lista de gobiernos que ya habían reconocido de iure al Gobierno de Burgos y pide a Suecia que se una a ellos. Escribió a la radio de Burgos lo siguiente:

«Sé muy bien que en el resto de mi vida sentiré remordimiento ante las circunstancias que me han impedido ocupar mi verdadero puesto, detrás de una ametralladora bajo el mando de Franco, pues hubiera sido feliz en poder servir en las filas de tan valientes amigos y por tan sagrada causa como esa de la Nueva España… No se debería tener ninguna compasión con esta plaga hebrea-asiática, que actualmente está atacando algunas naciones de Europa. España, una vez desinfectada podrá contemplar con serenidad la lucha
frenética con las garras marxistas que esperan ciertos países… Cuando haya cortado la cabeza de la roja «Hidra» en España, la habrá cortado para siempre. España será después de un país maravilloso. Envidio a España!

San Pedro de Cardeña

El campo de concentración de prisioneros de San Pedro de Cardeña acogió a muchos suecos. Estuvo involucrado Brenecreutz.

Lista de presos (Ny Dag, 1 marzo 1939):

Kurt Danielsson (de Landskrona)
Harry Eriksson (de Gyttorp) (1909-1940)
Stig Nordstrom (de Flemstrom de Kramfors)
Hugo Aberg (de Storfors)
Nils Helgesson y Artur Karlsson (de Karsltad)
Einar Risto (de Lulea)
Karl Wettergren (de Gotemburgo)
Tage Kallblad (de Orsa)
John Eriksson (de Sandviken)
Gunnar Hallman (de Ljusdall)
Lars Berggren (de Gavle)
Eskil Eriksson (de Habo-Tibble)
Kurt Einar Levander (de Halmstad)
Kurt Sorensen (de Holmsund)
Isak Mattson (fallecido en este campo de concentración)

La mayoría de los presos suecos fueron puestos en libertad en abril de 1939. A finales de agosto del 39 sólo quedaban tres: Erik Dahl, Kurt Einar Levander (de Halmstad) y Lars Berggren (de Gavle).

Patrik Falkman

Patrik Falkman era un empresario yerno de Carl Ivan Danielsson. Durante la Guerra Civil residió en San Sebastián.

En nombre de los exportadores suecos, propuso que se eligiera a Axel Olsén, ex-vicecónsul sueco en Madrid, y ejecutivo de Electrolux, como representante y hombre de contacto en Burgos, con el visto bueno de Ministerio sueco de Asuntos Extranjeros.

Posteriormente hizo carrera en la España franquista.

Gunnar Björck

Gunnar Björck se hizo cargo de la Legación de Suecia en Madrid al comienzo de la Guerra Civil.